Nell’antica città fenicia l’immensa sorpresa, nel 2018, dell’ipogeo scoperto dalla missione franco-libanese

Il sito fu occupato sin dal Neolitico (7.000 a.C. ca), mentre nell’Età del Bronzo (3.200-1.200 a.C.) divenne una fiorente città commerciale, grazie alle relazioni con l’Egitto dei faraoni, che vi si rifornivano di legno di cedro. Svolse anche un ruolo essenziale nella storia della scrittura alfabetica. «Renan individuò il luogo esatto dell’antica Biblo, sul promontorio che domina il mare, solo sei ettari di terra, ma dove troviamo tutte le civiltà del Mediterraneo Orientale, dal 6.900 a.C. a noi. Biblo (libro in greco) è come un libro a cielo aperto, fatto di pietra, che ci permette di leggere la storia di queste antiche civiltà», osserva Julien Chanteau, archeologo del Dipartimento di Antichità orientali del Louvre. Una seconda missione sull’acropoli, guidata da Pierre Montet, partì nel 1921. L’anno dopo, il crollo accidentale di una falesia rivelò l’eccezionale scoperta della necropoli reale dell’Età del Bronzo, con gli ipogei di tre sovrani, ricca di oggetti preziosi, gioielli e vasi importati dall’Egitto, armi, oggi esposti nel Museo nazionale di Beirut. «Dal 1921 al 1975 il sito fu scavato in modo sistematico. Eravamo convinti che non ci fosse più nulla da scoprire e quindi ci siamo concentrati sulla sua valorizzazione e sulla realizzazione di sondaggi puntuali, spiega Tania Zaven, direttrice del sito archeologico di Biblo. Scavi preventivi nel centro storico e nella città moderna hanno permesso di rinvenire la necropoli romano-bizantina. Poi, nel 2018, è partita una piccola operazione di pulitura e sondaggio della Porta sud, risalente all’Età del Bronzo. È a quel punto che, a cento anni dalla scoperta della necropoli reale, scoprimmo l’ipogeo. Fu un’immensa sorpresa». Gli archeologi hanno portato alla luce una serie di tombe dell’Età del Bronzo, probabilmente destinate alle élite della città. Tombe a più camere sepolcrali, collegate da corridoi e scale, e sovrapposte l’una all’altra. I resti di decine di individui erano deposti in casse di legno o ossari. «Le tombe erano intatte, continua Zaven. La roccia, in pietra d’arenaria, molto friabile. Prima di entrare abbiamo dovuto consolidare i muri e i soffitti. Pur di avere il privilegio di essere sepolti nella città sacra, come i re, gli antichi erano disposti a tutto». All’interno, vasi, coppe e giare di fattura più fine, altre di uso quotidiano. Alcune recano incisi i segni propri della scrittura sillabica di Biblo, comparsa nell’Età del Bronzo medio e non ancora decifrata. E poi uno specchio, punte di lancia, amuleti a forma di scarabeo importati dall’Egitto, perle d’ametista e cornalina. «Lo studio di queste tombe inviolate ci insegnerà molto sulla vita degli antichi, continua Chanteau. Ora che abbiamo i loro resti, possiamo studiarli anche sul piano biologico, i legami di parentela, il regime alimentare, le patologie. Che cosa c’era nelle giare e nei vasi? Avere accesso alla vita materiale ci informa anche sui riti funerari. Erano tombe familiari». Dopo Parigi, le vestigia in mostra al Louvre e più di 300 della Dga libanese raggiungeranno il Rijksmuseum van Oudheden (Rmo) di Leida per una grande rassegna sulla storia di Biblo (14 ottobre-12 marzo 2023). Già dal 2023 gli oggetti potrebbero essere esposti nel sito libanese, dove,
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