L’imponente MUNCH di 13 piani affacciato sul fiordo è la nuova casa del lascito di 28mila opere dell’artista norvegese. «Dimenticate tutto ciò che conoscete dei musei: questo è qualcosa di diverso», annuncia il direttore Stein Olav Henrichsen
Oslo. «In un certo senso è spaventoso e d’altra parte è molto stimolante», dice Stein Olav Henrichsen, il direttore del nuovo imponente museo dedicato a Edvard Munch, affacciato sul fiordo di Oslo. Ribattezzato semplicemente MUNCH, ha aperto il 22 ottobre dopo un decennio di scontri sul progetto e sul suo sviluppo, inversioni di marcia politiche e accese sfide logistiche. Il risultato è uno dei più grandi musei al mondo dedicati a un unico artista.
Con un costo dichiarato di 2,25 miliardi di Nok (227,5 milioni di euro), il progetto ecocompatibile dello studio di architettura spagnolo Estudio Herreros è una reazione «emozionale» al litorale di Oslo come lo fu «L’urlo» di Munch alla fine del XIX secolo. Con 11 sale espositive distribuite su 13 piani conclusi da un ristorante panoramico, offre un palcoscenico colossale alla straordinaria donazione verso la città, decisa da Munch stesso alla sua morte nel 1944: circa 28mila opere (dipinti, disegni, sculture, stampe e fotografie) insieme ai suoi documenti ed effetti personali. Un lascito che rappresenta «tutta la vita di Munch», afferma Jon-Ove Steihaug, responsabile delle mostre e delle collezioni del museo.
Dal 1963 la collezione è stata ospitata in un edificio basso e funzionale nel quartiere residenziale di Toyen. La decisione di trasferirsi è stata motivata dal furto nel 2004 di due importanti dipinti, «L’urlo» (1910) e «Madonna» (1894). Le opere sono state successivamente recuperate ma «dopo la rapina c’era un senso di urgenza sulla necessità di un nuovo museo», racconta Henrichsen: non solo per la necessaria sicurezza delle opere, ma per un allestimento che fosse «al livello che questa collezione merita». Il nuovo museo, situato accanto al Teatro dell’Opera inaugurato nel 2008 su progetto di Snøhetta, offrirà cinque volte più spazio per i visitatori.
La città di Oslo ha approvato il nuovo museo nel 2008, lanciando un concorso internazionale, ma il processo è stato irto di complicazioni: le dispute politiche sul costo, la posizione in riva al mare e sul destino del sito di Toyen sono continuate fino a quando non è stato raggiunto un voto di maggioranza nel Parlamento norvegese. Oggi Toyen è in fase di riqualificazione con parchi e strutture per il tempo libero, mentre il nuovo museo è stato aperto con un fine settimana di eventi alla presenza dal re Harald e dalla regina Sonja. La parte più difficile del trasloco, secondo Henrichsen, è stata il trasferimento dell’opera più grande di Munch, «I ricercatori» (1911-25), che misura circa 50 metri quadrati: «È uscito dal vecchio museo attraverso il tetto, poi è stato spostato in camion attraverso la città e infine su una barca attraverso il fiordo al museo, per poi essere calato da un passaggio nel sesto piano». Con il trasferimento nel museo museo l’intera collezione è stata catalogata «per la prima volta nella sua storia. E, aggiunge Henrichsen, tutte le sue opere d’arte sono state digitalizzate».
Il nuovo ordinamento del MUNCH separa nettamente l’uomo dall’artista. La sua opera è organizzata tematicamente piuttosto che cronologicamente, con mostre permanenti tra cui «Infinito», una rassegna dei principali temi e motivi di Munch, e «Monumentale», che offre spazio per vedere le enormi tele di «I ricercatori e «Il sole» (1910-11). La sezione «Ombre» indaga sulla vita dell’artista e in particolare sui suoi ultimi anni a Ekely, la sua tenuta fuori Oslo. Mostre digitali e oggetti personali esposti per la prima volta, dai mobili ai materiali artistici fino ai mozziconi di sigaretta, creeranno una rappresentazione virtuale immersiva della casa dell’artista, demolita nel 1960. L’effimero, osserva Steihaug, rivela «qualcosa di diverso su Munch come persona». Fanno riferimento anche alle sue composizioni, dalla sedia in cui dipinse sua sorella morente nel 1880 alla coperta geometrica vista nel suo ultimo autoritratto «Tra l’orologio e il letto» (1940-43). Il nuovo museo consentirà di mettere la collezione in dialogo con contesti diversi, forse inaspettati. All’apertura, due piani sono destinati a «The Loneliness of the Soul», la mostra presentata per la prima volta alla Royal Academy of Arts di Londra in cui Munch è messo a confronto con Tracey Emin (la sua scultura in bronzo «The Mother», alta 9 metri, sarà installata in modo permanente all’esterno del museo la prossima primavera).
MUNCH è pubblicizzato come «ben più di un museo»: mira a diventare un centro sociale frequentato per i suoi ristoranti, negozi, sale da concerto… e spazi in cui nuotare (quest’estate la location si è rivelata una calamita per gli amanti del sole). Oltre che un luogo in cui vedere l’arte. «Dimenticate tutto ciò che conoscete dei musei: questo è qualcosa di diverso», dice Henrichsen.
ITA | Versione tratta dall’edizione originale italiana del Giornale
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